di Luca Saltalamacchia
La lunga storia del nostro pianeta viene convenzionalmente suddivisa in ere geologiche lunghe centinaia di milioni di anni. Le ere geologiche a loro volta vengono suddivise in periodi, epoca ed età. Questa suddivisione della storia del pianeta è competenza, in particolare, dell’International Commission of Stratigraphy.
Attualmente, noi viviamo nel periodo geologico definito “Quaternario” (o Neozoico), nell’epoca denominata “Olocene”, che ha avuto il suo inizio convenzionalmente circa 11.800-11.700 anni fa, con il finire dell’ultima fase glaciale che ha interessato l’emisfero settentrionale.
Secondo alcuni, da qualche decennio “siamo entrati” in una nuova epoca. Le acquisizioni scientifiche portano a concludere che l’uomo sta diventando sempre più una vera e propria “forza geologica”: nel senso che la sua attività può contribuire a modificare il pianeta, alterandone i processi. Questa novità dovrebbe portare ad identificare la fase geologica più recente come una fase nuova, avente una caratteristica del tutto peculiare rispetto alle ere precedenti: l’ingombrante presenza dell’uomo, in grado – con la sua attività – di inserirsi e condizionare le dinamiche del pianeta.
Questa idea, a ben vedere, non è proprio recentissima.
COME SI ARRIVA AL CONCETTO DI ANTROPOCENE
Il geologo Antonio Stoppani già nel 1873 scriveva che l’attività umana rappresentava una “forza tellurica”, proponendo una definizione specifica per indicare l’era geologica in cui la Terra è condizionata dall’attività umana. L’espressione che ha utilizzato è “era antropozoica”.
Negli anni successivi, vari studiosi hanno ripreso il concetto ponendo lo basi per un dibattito che si è molto rinvigorito negli ultimi decenni. In tale dibattito si è fatto strada un termine che ha polarizzato la discussione: “Antropocene”.
Questo termine, comparso isolatamente già negli anni Settanta, è stato diffuso nel 2000 dal biologo E. F. Stoermer e fatto proprio dal premio Nobel per la chimica P. Crutzen, il quale lo formalizzò nel 2002 nello studio “Geology of Mankind”, pubblicato su Nature per indicare l’era moderna: l’era dell’intervento antropogenico sulla natura.
Durante il Congresso Internazionale di Geologia svoltosi a Città del Capo nel 2016 il Gruppo di lavoro sull’Antropocene (Anthropocene Working Group – AWG) ha presentato ufficialmente le linee guida per poter riconoscere l’esistenza di una nuova epoca geologica.
Alcuni ritengono che tale nuovo periodo identifichi la fase più recente dell’Olocene, altri addirittura ritengono più opportuno riconoscere che siamo entrati in una nuova era geologica, successiva all’Olocene.
Tuttavia, inserire una nuova epoca nella cronologia geologica è un’operazione complessa che deve seguire una serie di procedure scientifiche rigorose. Richiede essenzialmente che essa sia ben evidente nella stratigrafia (la disciplina che studia la datazione delle rocce).
La difficoltà di individuare criteri condivisi e scientificamente validi è dovuta anche al fatto che in questa nuova era il pianeta è stato riempito di materiali nuovi, che normalmente non sono stati oggetto di interesse per gli studiosi di queste questioni: plastica, elementi chimici sintetici, ceneri volanti, cemento, tecnofossili ed altre sostanze non sono mai stati presenti nei sedimenti oggetto delle indagine stratigrafiche e paleontologiche.
La scelta di riconoscere l’esistenza di una nuova era pone innanzi tutto il problema della sua datazione; è ancora in atto un dibattito complesso sul punto. La scelta della data di inizio dal punto di vista geologico deve rispettare una serie di criteri precisi e fare riferimento ad evidenze scientifiche specifiche.
QUANDO INIZIA L’ANTROPOCENE
L’AWG ha proposto come data di inizio dell’Antropocene l’anno 1945, anno in cui è stata esplosa la prima bomba atomica (in data 16/7/45 ad Alamogordo, New Mexico, USA). Le radiazioni emesse dall’esplosione di questa bomba atomica sono riscontrabili scientificamente su tutto il pianeta Terra. Di fatto, la diffusione dei radionuclidi artificiali in tutto mondo causata da quella esplosione consente di avere un riferimento temporale preciso ed inequivocabile per individuare l’inizio geologico della nuova epoca.
L’AWG ha poi evidenziato l’importanza dell’impatto che altre sostanze “nuove” hanno per i processi che governano il pianeta, presenti in grande quantità in diversi corpi sedimentari, sia marini che non marini.
Il lavoro dell’AWG ha consentito anche di addivenire ad una spiegazione per definire cosa significhi e cosa comporti la nuova epoca geologica (http://quaternary.stratigraphy.org/working-groups/anthropocene/): “Antropocene è un termine ampiamente utilizzato sin dalla sua coniatura da parte di Paul Crutzen e Eugene Stoermer nel 2000 per indicare l’attuale intervallo di tempo geologico, in cui molte condizioni e processi sulla Terra sono profondamente alterati dall’impatto umano.
Questo impatto si è intensificato in modo significativo sin dall’inizio dell’industrializzazione, portandoci fuori dallo stato del Sistema Terra tipico dell’epoca dell’Olocene che post-data l’ultima glaciazione…
Esaminiamo l’Antropocene come un’unità di tempo geologico (cronostratigrafico) e potenziale aggiunta alla scala del tempo geologico, in linea con la proposta originale di Crutzen e Stoermer…
I fenomeni associati all’Antropocene comprendono: un aumento dell’ordine di grandezza dell’erosione e del trasporto di sedimenti associati all’urbanizzazione e all’agricoltura; perturbazioni antropogeniche marcate e brusche dei cicli di elementi come carbonio, azoto, fosforo e vari metalli insieme a nuovi composti chimici; i cambiamenti ambientali generati da queste perturbazioni, tra cui il riscaldamento globale, l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani e la diffusione di “zone morte” oceaniche; rapidi cambiamenti nella biosfera sia a terra che in mare, a causa della perdita dell’habitat, della predazione, dell’esplosione delle popolazioni animali domestiche e delle invasioni di specie; e la proliferazione e la dispersione globale di molti nuovi “minerali” e “rocce” tra cui cemento, ceneri volanti e materie plastiche e le 12 miriadi di “tecnofossili” prodotti da questi e altri materiali…
L’Antropocene rappresenta un cambiamento di traiettoria del sistema terrestre, del quale siamo chiaramente responsabili, o almeno corresponsabili. Abbiamo vissuto la maggior parte della nostra vita in qualcosa chiamato Antropocene e ora ci accorgiamo finalmente della dimensione e durata del cambiamento”.
L’IMPATTO UMANO SUL PIANETA
La caratteristica dell’Antropocene è – dunque – la circostanza che l’uomo, con le sue attività, è in grado di alterare alcuni dei processi del “sistema Terra”, provocando degli impatti che saranno “notati” fra millenni.
Quali sono questi impatti? Vediamone alcuni:
- le esplosioni atomiche: dall’inizio dell’era atomica sono stati fatti esplodere oltre 2.400 ordigni nucleari, i quali sprigionano in quantità isotopi radioattivi, che sono atomi instabili con un eccesso di energia nucleare. Per tale motivo, essi lasciano un’impronta radioattiva sulla Terra;
- i combustibili fossili: l’altissima concentrazione di gas serra in atmosfera lascerà traccia nei ghiacci antartici, nelle piante, nei sedimenti di arenaria, nelle ossa fossili e nelle conchiglie;
- nuovi materiali: alluminio, cemento e plastica sono i materiali più impiegati dalla società umana. E sono anche materiali che non si degradano facilmente e rapidamente;
- l’impronta geologica: attività estrattive, perforazioni, deforestazione, urbanizzazione, erosione costiera ed attività agricole estensive stanno mutando inesorabilmente la geologia terrestre, incidendo sul modo in cui avviene la stratificazione dei sedimenti rocciosi. Gli effetti di questo scempio saranno visibili anche tra milioni di anni;
- i fertilizzanti: la corsa verso la migliore resa dei campi (che non è in linea con il rendimento naturale della terra) ha fatto aumentare vertiginosamente i livelli di fosforo ed azoto nel suolo rispetto al secolo scorso, a causa dell’utilizzo massiccio di fertilizzanti, che lasceranno un’impronta chimica visibile nei successivi millenni avvenire;
- estinzioni di massa: l’Antropocene, come le altre ere geologiche, comporta l’estinzione di massa di molte creature viventi. Solo che questa volta l’estinzione di intere specie è causata dall’uomo, e non da eventi esterni alla volontà umana;
- il riscaldamento globale: è forse il più noto degli effetti dell’Antropocene, su cui abbiamo già scritto diversi articoli;
- il dirottamento dei corsi d’acqua: negli ultimi anni l’intero pianeta ha visto il proliferare di dighe e grandi opere volte a canalizzare i grandi corsi d’acqua, lasciando in alcuni casi segni irreversibili.
IL CONCETTO DI CAPITALOCENE
In realtà, secondo alcuni studiosi è sì necessario individuare un’epoca geologica dove le attività umane la fanno da padrone, ma questa epoca dovrebbe avere una definizione diversa: la nuova era geologica in cui l’attività umana è diventata il principale fattore di trasformazione della biosfera non andrebbe definita “Antropocene”, bensì “Capitalocene”, termine di matrice socio-economica coniato da sociologo J.W. Moore e dal filosofo E. Altvater.
Essi sostengono che a “predare” e depredare il pianeta non è l’umanità (considerata quale soggetto omogeneo ed indistinto), ma determinate relazioni di potere scaturenti dal modello economico vigente (il capitalismo), il quale ha radicalmente mutato il rapporto tra uomo e natura.
Nel libro scritto da Moore “Antropocene o Capitalocene. Scenari di ecologia-mondo nella crisi planetaria” viene presentata una visione diversa della “questione ambientale”, solitamente valutata come una conseguenza possibile di alcuni eccessi del capitalismo.
Secondo l’autore, i disastri ambientali sono non una possibile conseguenza, ma una dimensione costituiva del sistema economico capitalistico, che si fonda sulla subordinazione della natura alle necessità della produzione ed accumulazione di ricchezza.
‘Capitalocene’, dunque, non costituisce tanto un termine tecnico per individuare un’epoca geologica, ma piuttosto un concetto socioeconomico atto ad individuare il mutamento nei rapporti tra uomo e natura, che per l’autore è iniziato nel Quattrocento (quindi ben prima della rivoluzione industriale) ed ha trovato la sua prima massiccia applicazione nella conquista del nuovo continente “scoperto” da Cristoforo Colombo.
Tale considerazione viene comunemente contestata sul presupposto che il sistema economico è comunque un prodotto dell’uomo. La differenza tra le due definizioni poggia, in effetti, sulla diversa prospettiva dalla quale viene guardato il fenomeno: il termine ‘Capitalocene’ evidenzia quale (tra le tante “attività” umane) è quella che è alla base della produzione degli impatti nefasti su pianeta.
Sta di fatto che gli impatti sopra descritti sono indubbiamente legati alla necessità di procurare sempre più energia e sempre più beni per permettere al sistema capitalistico di “girare” efficacemente (efficacemente dal punto di vista degli scopi suoi propri), senza pensare troppo alle conseguenze sul “sistema Terra”; anzi basando il proprio successo proprio sul saccheggio delle ricchezze naturali.
Il sistema economico capitalista crea ricchezza (per pochi), ma per far ciò necessita di impadronirsi delle risorse naturali e dei territori, provocandone un’alterazione significativa.
Definizioni a parte, ci troviamo in una fase della storia dell’umanità in cui le attività umane incidono anche sugli equilibri naturali. Che sia Antropocene o che sia Capitalocene è indiscutibile che i rapporti di forza tra uomo e natura in questi ultimi anni stanno cambiando.